Con il D.Lgs.  5.08.2015 n. 128 il legislatore ha riformato totalmente le “regole” per l’accertamento dell’imposta. Sono state modificate, in particolare, le meccaniche sulla base delle quali gli accertatori possono contestare al contribuente fattispecie di elusione d’imposta: a partire dagli atti notificati dal 01.10.2015 (ovvero il mese successivo alla data di entrata in vigore) l’Agenzia delle Entrate è tenuta a rispettare pienamente il contraddittorio preventivo con il contribuente e la norma anti elusiva si deve considerare applicabile a tutte le imposte. Una svolta particolarmente rilevante si ha anche in materia di reati penali: la formulazione della nuova disciplina antielusiva (ora “abuso del diritto”) prevede l’automatica esclusione della rilevanza penale dei fatti che, quindi, vengono circoscritti alle fattispecie di evasione più rilevanti. Lo stesso decreto, inoltre, modifica la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento per le fattispecie di rilevanza penale, la cui applicabilità viene circoscritta nei seguenti termini: i) i termini per l’accertamento dell’imposta possono essere raddoppiati solo se la denuncia di reato avviene entro il termine ordinario dell’accertamento; ii) sono automaticamente escluse dal raddoppio dei termini tutte le ipotesi di abuso del diritto, in quanto la disciplina ne esclude a priori la rilevanza.

 

 

 Premessa

Con il D.Lgs. 5.08.2015 n. 128il legislatore ha modificato numerose disposizioni in materia di elusione d’imposta. Ci si riferisce, in particolare, alla neo introdotta disciplina dell’abuso del diritto, che sostituisce (a partire dagli atti notificati dal 01.10.2015) la disciplina dell’elusione fiscale.

Seppure non si possa affermare, nemmeno in via generale, che tale disciplina sia più favorevole, le nuove disposizioni “sciolgono” alcune delle problematiche che hanno messo in difficoltà numerosi contribuenti, talvolta oggetto di procedimenti penali anche per fatti di minima rilevanza, o talvolta infondati.

Si segnala, tra le altre cose, l’introduzione di una procedura di contraddittorio preventivo obbligatoria (e maggiormente dettagliata rispetto alla precedente) per tutte le fattispecie di abuso del diritto e l’estensione della stessa disciplina a tutte le imposte. A favore del contribuente, invece, si segnala l’irrilevanza penale di tali fattispecie e la limitazione delle ipotesi di raddoppio dei termini di accertamento.

Nel proseguo della trattazione analizziamo i punti di principale interesse, ricordando che sono attualmente in fase di approvazione la riforma delle sanzioni amministrative e penali, sempre ispirate alla razionalizzazione e semplificazione degli istituti.

 

Che cos’è l’abuso del diritto? A quali imposte si applica?

Il D.Lgs. ha previsto l’introduzione di nuove disposizioni in materia di abuso del diritto, ovvero la disciplina che – nell’ottica di armonizzazione comunitaria delle disposizioni fiscali – sostituisce le disposizioni in materia di elusione d’imposta. Viene introdotto, infatti, l’articolo 10 bis nello statuto del contribuente (legge n. 212 del 27.07.2000, ovvero il c.d. “Statuto del Contribuente”) rubricato “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”.

Si deve segnalare da subito la volontà di riunire la disciplina dell’elusione fiscale e dell’abuso del diritto tramite l’abrogazione della principale (ma non unica) norma antielusiva, ovvero l’articolo 37-bis del DPR n. 600/1973. Viene stabilito, inoltre, che “le disposizioni che richiamano tale articolo si intendono riferite all’articolo 10-bis” dello Statuto del Contribuente.

 

La prima differenza rispetto alla precedente disciplina, quindi, è costituita dal fatto che l’abuso del diritto si applica a tutte le imposte previste dal nostro ordinamento.

 

Secondo quanto stabilito dall’articolo 10-bis, configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Queste operazioni, secondo la norma anti abuso non sono opponibili all’amministrazione finanziaria che:

  • ne disconosce i vantaggi, rideterminando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi;
  • tiene conto, in ogni caso, di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.

 

OSSERVA

Sono quindi interessati dalla disciplina tutte le ipotesi in cui il contribuente rispetti formalmente la disciplina fiscale, ma non la sostanza: si pensi ad un negozio realizzato sulla base di uno schema che risponde solamente ad interessi fiscali, in questo caso l’Agenzia può procedere alla riqualificazione del negozio.

 

Secondo le nuove disposizioni, si devono considerare privi di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono, inoltre, “indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato”. Devono considerarsi vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.

ATTENZIONE! La disciplina dell’abuso del diritto ha carattere cedevole: l’abuso di diritto non può essere configurato se i vantaggi tributari possono essere disconosciuti per effetto della violazione di specifiche disposizioni tributarie.

Come viene regolamentato il contraddittorio preventivo?

Viene previsto che l’abuso del diritto è accertato con apposito atto preceduto – a pena di nullità – dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti (da fornire entro il termine di sessanta giorni) in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto. La richiesta di chiarimenti deve essere notificata dall’amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 60 del DPR n. 600/1973 entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Nella richiesta di chiarimenti devono essere indicate le motivazioni sulla base della quale l’Amministrazione Finanziaria ritiene sussistente un’ipotesi di abuso del diritto.

 Rappresenta una vera e propria novità, invece, la previsione di una proroga (seppure molto contenuta) dei termini di accertamento per garantire il diritto al contraddittorio. Viene stabilito, infatti, che tra la data di ricevimento dei chiarimenti (o di inutile decorso del termine assegnato per rispondere alla richiesta) e quella di decadenza dell’amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.

 

Le fattispecie di abuso sono penalmente rilevanti?

La nuova disciplina antiabuso esclude alla radice la possibilità che, a fronte di una contestazione in punto di abuso, venga avviato un procedimento penale per reati di cui al D.Lgs. n. 74/2000. Oltre ad escludere alla radice la rilevanza delle fattispecie di abuso ai fini penali, si deve segnalare che la disposizione (ad un primo esame) ha rilevanza anche in riferimento al raddoppio dei termini di accertamento per la contestazione di reati fiscali: escludendone alla radice la rilevanza penale, nel caso di contestazione di una fattispecie abusiva non sarà mai possibile applicare il raddoppio dei termini di accertamento ai fini delle imposte dirette e IVA.

Il raddoppio dei termini si applica anche all’abuso del diritto?

Una seconda modifica particolarmente rilevante in materia di certezza dei rapporti tra fisco e contribuente riguarda la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento per effetto della contestazione di una fattispecie di rilevanza penale.

 

Secondo quanto stabilito dall’art. 43 DPR n. 600/1973 e dall’art. 57 DPR n.633/1972, in riferimento alle violazioni che comportano l’obbligo di denuncia per i reati fiscali (D.Lgs. n. 74/2000), i termini di accertamento sono raddoppiati in riferimento al periodo d’imposta in cui l’illecito è stato commesso. Il decreto ha previsto l’introduzione, nell’ambito dei citati art. 43 DPR n.600/1973 e art. 57 DPR n. 633/1972, della seguente disposizione: il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione Finanziaria, in cui è compresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti”.

 

Nonostante la formulazione della nuova disposizione sia particolarmente breve, appare in ogni caso molto incisiva. Viene sostanzialmente previsto che, in pendenza del termine ordinario di accertamento, l’Agenzia delle Entrate debba trasmettere/presentare la denuncia di reato: solo qualora si attenga a tale termine avrà diritto al raddoppio dei termini di accertamento. Tale disposizione appare particolarmente rilevante dal punto di vista pratico, in quanto sono frequenti le ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate – riscontrando lo spirare dei termini di accertamento – procede a presentare la denuncia per ottenere il raddoppio dei termini, anche nel caso in cui sia consapevole della (certa o) probabile archiviazione del procedimento penale.

 

Con riferimento all’abuso del diritto, nonostante non siano stati ancora forniti chiarimenti ufficiali sul punto, l’espressa irrilevanza penale di tali fattispecie precluderebbe, all’origine, il raddoppio dei termini di accertamento, anche in presenza di una denuncia da parte dell’Agenzia delle Entrate per gli stessi fatti. Quindi, si può sostenere che in presenza di abuso del diritto l’amministrazione finanziaria si deve attenere esclusivamente ai termini ordinari di notifica dell’avviso di accertamento.